Una vita sulle punte.. Dialogo tra psicoterapia e danza con Lucia Monaco

Mi piace pensare che le relazioni tra persone siano come una danza, in cui entrambe i protagonisti sono responsabili dei propri movimenti in accordo a quelli dell’altro, i ballerini diventano così un corpo solo che si muove, si protende nello spazio, si ritrae in un equilibrio dinamico, mai statico.

Nella danza, così come nelle relazioni, ci si attende, ci si desidera e ci si respinge, il movimento è quello di un continuo pulsare tra vicinanza e lontananza ed è così che si crea un corpus vivo, che respira e che si muove.

Nella danza mi colpisce la possibilità di veicolare le proprie emozioni attraverso il movimento e la capacità di condividerle con l’altro in un contatto fluido, in alcuni casi accogliente ed in altri faticoso. Non nascondo che mi colpisce anche la naturalezza con cui certi ballerini possono muovere e controllare così bene il proprio corpo nello spazio, fletterlo e renderlo così fluido e piacevole da vedere.

Riflettendo su questa scia di pensieri, anche la relazione tra terapeuta e cliente è una danza; il terapeuta si trova infatti ad accogliere le emozioni che la persona porta e talvolta sono emozioni molto forti che probabilmente nessuno, fino a quel momento è stato in grado di ascoltare o osservare da quel punto di vista. Questa emotività può prendere alla sprovvista il terapeuta che, solo se ha compiuto un lavoro su di sé, sulle sue emozioni e risonanze, potrà accogliere a pieno ciò che l’altro gli porta.

Come dire, per accogliere a pieno il mondo emotivo dell’altro, la sua vitalità, le sue ombre e le sue luci, ho bisogno di saper innanzitutto accogliere me stesso. Così nella danza, per coordinarmi bene in un movimento a due, ho bisogno innanzitutto di prestare attenzione al mio corpo, al mio sentire, alla mia posizione nello spazio, fluida, statica, rigida o flessibile che sia. Certo, se sto imparando a danzare e se il mio compagno ballerino è più esperto di me, potrò esser facilitato/a nell’imparare e affinare le mie capacità. Diversamente se siamo in due ad essere poco esperti faremo più fatica a coordinarci, forse avremo bisogno di un po’ di tempo per trovare il nostro ritmo, così da non pestarci i piedi.

Così, come in una danza, il terapeuta come un danzatore, si troverà ad ascoltare se stesso oltre che l’altro, cercando di connettere la mente con il corpo, il saper essere con il saper fare.

Il contatto nella terapia diventa simile a quello tra due danzatori; contatto che inevitabilmente dovrà essere con se stessi e poi con l’altro con la stessa delicatezza con cui un ballerino può coordinare e sentire i suoi movimenti e poi quelli dell’altro.

Carla Fracci dice: <<la danza è poesia perché il suo scopo è quello di esprimere emozioni, anche se attraverso una rigida tecnica>> ed è un compito difficile, penso, quello dei ballerini che spesso sono portati a fatiche e dolori fisici estremi per raggiungere la perfezione.

La domanda curiosa che mi sorge è come si può essere espressivi e quindi interpreti coinvolgenti di una trama, veicolo di emozioni, vibranti di energia, fluidi nel movimento, dovendo applicare una rigorosa e rigida tecnica? Spesso passando attraverso dolori fisici, sopportando fatiche e intensi allenamenti, ritmi sostenuti, rinunce, etc.

Ho intervistato un’amica, una ballerina, Lucia Monaco, insegnante di danza presso l’accademia Kledidance di Desenzano d/G., danzatrice dall’età di sei anni.

Ho pensato che potevamo danzare insieme coniugando i nostri due mondi, apparentemente distanti, praticamente molto vicini.. quello della psicoterapia e quello della danza.

Le ho proposto un’intervista, che in realtà si è tradotta in una videochiamata in cui abbiamo condiviso idee, curiosità, spunti di riflessione e abbiamo lasciato che le nostre armonie vibrassero e si accordassero per permetterci di trovare il nostro ritmo, conoscere i nostri passi, il nostro movimento e coordinarlo con le parole.

 

Ne è uscito questo:

Che cos’è per te la danza, Lucia?

..è un dialogo intimo con la mia anima.. è la mia espressione di vita attraverso il movimento.. è l’unico modo per sentirmi davvero me stessa e sprigionare tutti i miei stati d’animo.

Può essere una variazione gioiosa oppure un pezzo struggente.. è amore, amicizia.. è la mia prigione di libertà!

Prigione di libertà perché.. mi sento così tanto libera quando danzo, anche se ci sono alcune cose che mi tengono “stretta”. Per esempio il fatto di dovermi allenare ogni giorno.. il tenermi sempre.. il rimanere a lungo concentrata. Certo è la mia passione, è la cosa che amo.. seppure posso dire che mi ha tenuta stretta per tutta la vita..

Come sei diventata una ballerina?

Sono diventata una ballerina studiando prima in una scuola privata a Salò (studiodanza Salò ballet) poi trasferendomi a Milano, al Teatro Carcano dove ho intrapreso un corso professionale

 

È vero ciò che si dice rispetto al convivere con il dolore nella danza?

E’ verissimo!! Chi ha scelto di formarsi con la danza ha dovuto anche affrontare la gestione del proprio dolore, una convivenza che comincia già dai primissimi anni di studio per continuare poi nell’ambito lavorativo.

Dai primi anni si è sottoposti alla disciplina.. a danza non si manca mai, devi ripetere le cose ogni giorno, rinunci alle feste e alla vita di un normale ragazzino, poi quando cresci cominciano dolori articolari, muscolari, traumatici e a volte diventano anche degenerativi..

Per questo credo che la predisposizione fisica sia indispensabile!

Poi si aggiungono pressioni psicologiche.. non ci si sente mai abbastanza, sempre davanti allo specchio non ci si piace mai, la pressione della scena.. l’essere perfetti, ma farlo sembrare sempre facile.. sono necessari un mix di attitudini, doti, apprendimento e lavoro!

Cosa pensi del fatto che dietro ad un’arte così perfetta, rigorosa, graziosa e delicata ci sia sofferenza e ore di grandi sacrifici?

Penso che sia una continua rincorsa verso la perfezione.. una perfezione che non esiste..

Siamo sempre spinti a fare meglio, a ripetere per cercare di rendere il passo più preciso, leggero e intenso.

Quando poi si raggiunge una tecnica pulita (precisa tecnicamente) si deve sapere esprime l’ emozione.

Il movimento deve diventare parola.. questo è difficilissimo.

 

Quali sono gli ingredienti per riuscire ad emergere in questo mondo?

Umiltà

Disciplina

Perseveranza

e… una piccola dose di fortuna

 

E se uno non inizia da piccolo?

E’ difficile!

Non impossibile, fisicamente (elasticità e flessibilità articolare, giuste proporzioni) se una persona è naturalmente dotata può iniziare anche più tardi ma per abituarsi mentalmente a una disciplina ferrea come la danza bisogna essere piccoli, deve crescere con te, devi innamorartene altrimenti non ci riesci..

A scuola di danza un bambino non necessariamente diventerà un professionista ma la disciplina e l’eleganza lo accompagnerà in qualsiasi cosa faccia nella vita

 

Se non avessi fatto la ballerina? Cos’avresti fatto oggi?

mi sono laureata in storia dell’arte quindi ho sempre immaginato il piano B diventando un’archeologa..

 

Il momento più gioioso e il momento più faticoso della tua carriera?

E’ difficile..

..non riesco a descrivere il momento più gioioso, mi piace pensare che debba ancora arrivare… ogni spettacolo è diverso, ogni contratto è  diverso, ogni ruolo è differente..

Il momento più gioioso potrebbe coincidere anche con il più faticoso forse..

Il primo contratto da professionista in cui c’è stato il confronto con gli altri.

Sono molto competitiva quindi confrontarsi per la prima volta con altri danzatori bravissimi non è stato facile.

L’incontro con Carla Fracci è stato un momento di pura gioia!

E’ stata la ballerina che mi ha fatto sognare di diventare una ballerina..

Fare da assistente alla “Signora della Danza” è sicuramente uno dei momenti più gioiosi della mia carriera.

 

Cosa mi dici dei tuoi allievi?

Ti dirò che ad oggi è difficile riuscire a far esprimere un’emozione.

I ragazzi fanno fatica a connettersi con loro stessi, non è semplice trovare passione e naturalezza. E’ cosa rara.

Il passo si può insegnare, si può apprendere come rendere più elegante un braccio, leggero e sinuoso un movimento.. ma il cuore, quello devi mettercelo tu!

 

E la disciplina…la maggior parte degli allievi non riesce ad abituarsi allo stile di vita del danzatore a cominciare dalla tenuta del corpo e dall’umiltà!

E’ più difficile fare la ballerina o fare l’insegnante?

E‘ una domanda difficile..dipende da come sei fatto tu.

Un buon danzatore può essere un pessimo insegnante e viceversa.

Personalmente, da quando sono un’insegnante sono anche una danzatrice migliore.

Dipende dalle tue predisposizioni naturali, devi avere la giusta dose di umiltà ed empatia e il che non è scontato..

Essere tollerante ma severa!

La mia maestra diceva  <<la verità non ha bisogno dello scudiscio!>> .. bastone e carota..

Comunque per me è più difficile essere una brava insegnante!

 

C’è un tipo di pace che non è semplicemente l’assenza di guerra. E’ di più…La pace a cui sto pensando è la danza di una mente aperta quando incontra un’altra mente ugualmente aperta

Toni Morrison