Essere o non essere (pronti)?

Tratto dalla sintesi di un recente scambio in studio:

Paziente: oggi non sapevo se sarei venuto alla nostro appuntamento perché è qualche giorno che non riesco a fare praticamente nulla, ho un male alla gamba destra…

Terapeuta: ah…

P: mi sono detto “fino a che non sto meglio non ha senso che io esca…va a finire che poi sto peggio e trono indietro…”

T: ah, però ora sei qui…

P: eh si, perché nel fare due passi a portare fuori il cane mi sono accorto che il dolore gradualmente si affievoliva…

T: ah…in qualche modo stai dicendo che il movimento ha come sciolto il dolore?

P: eh, evidentemente…

T: mmhh…se proviamo ad allargare questa tua esperienza, potremmo forse dire che tutto ciò potrebbe star a significare che, a volte, non è necessario sentirsi pronti prima di inizare muoverci nella direzione che desideriamo?

P: (silenzio…)

T: e che forse, iniziando a muoverci, pronti, lo possiamo diventare proprio lungo il tragitto?

P: mmhh (annuisce)…

T: Se ora riporti questo alla tua vita, ti viene forse in mente qualcosa?

P: beh…si…quando dico che non sono pronto per iniziare a cercare un lavoro, o per iniziare una relazione, oppure per fare un lungo viaggio…

T: già…

P: (silenzio…)

T: ti dirò una cosa: anche a me è capitato spesso, e mi capita ancora, di non sentirmi pronto…a volte anche per essere qui in studio! Ci sono certi giorni in cui mi sento davvero sottosopra; sai, la mia vita è incasinata tanto quanto la tua…

P: davvero? No, non ci credo…

T: ebbene si! E in quei giorni penso: “come cavolo farò oggi a fare spazio a tutto quello che c’è dentro di me e, in più, ad accogliere anche a tutto ciò che mi porteranno le persone che incontrerò”…poi mi siedo qui, respiro, lascio andare, e gradualmente le cose avvengono da sé, le nubi iniziano a diradarsi, e quasi sempre finisco col sentirmi meglio di come ho iniziato. Intendo dire che in quei giorni lo scopro lungo il tragitto che sono “pronto per camminare”, e non solo, scopro anche che “camminare” mi fa bene. Un po’ com’è successo a te oggi con la tua gamba.

P: (silenzio…) si ok, ma non può essere sempre così…

T: hai ragione, certo che non può essere sempre così: se la tua gamba fosse rotta, non diventeresti pronto a camminare iniziando subito a muoverti, anzi! Allo stesso modo, se io avessi una forte depressione, probabilmente avrei bisogno di fermarmi per un po’, prima di riprendere la mia attività in studio.

P: ah ecco, infatti…

T: ma ricordati: essere pronti può essere anche molto diverso dal sentirsi pronti: se non mi sento pronto, non è detto che in realtà io non lo sia, e non è nemmeno detto che, pur non essendolo, io non lo possa divenire proprio iniziando a muovermi. Ma per scoprirlo, spesso, ho bisogno di provare a muovermi, di sospendere il giudizio, o meglio, forse in questo caso sarebbe meglio parlare di pre-giudizio, e basarmi su ciò che mi comunica la mia esperienza concreta. Come diceva Carl Rogers: “I fatti sono amici”!

P: cioè?

T: intendo dire che forse potresti lasciare che siano loro, i fatti, a restituirti un’immagine realistica di te stesso, e cominciare così a darti finalmente delle possibilità!

Ci vediamo la settimana prossima…