Siamo alla seconda parte di questo articolo sulla rabbia dei bambini; la prima parte (che puoi trovare qui) era terminata dicendoci che i bambini, quando sono in preda agli istinti e travolti dalla loro emotività, hanno bisogno di trovare una risposta di segno opposto in chi si prende cura di loro. Quindi, dove c’è rigidità devono trovare morbidezza (anche in senso fisico corporeo), dove c’è rabbia, gentilezza e compassione, dove c’è paura, sicurezza e rassicurazione (quest’ultima naturalmente basata su dati di realtà) e così via…
La qualità delle interazioni con gli adulti svolge un ruolo davvero cruciale nel favorire o meno la regolazione emotiva nei bambini e contemporaneamente nel promuovere lo sviluppo graduale di un loro sistema interno di autoregolazione dello stress.
Queste interazioni relazionali hanno, del resto come ogni scambio interpersonale , un loro correlato substrato chimico: ogni volta che un bambino viene accolto, consolato, coccolato, coinvolto nei giochi con gentilezza, ogni volta che ci si rivolge a lui con voce gentile e amorevole, aumenta nel suo organismo la produzione di ossitocina e di oppiacei. Queste sostanze sono i corrispettivi chimici degli stati di pace e appagamento e contribuiscono a neutralizzare gli stati di aggressività in modo simile a quello in cui un estintore spegne un incendio; consideriamo poi che un bambino che si trova in uno stato di appagamento ha ben poche ragioni per aggredire e scatenare conflitti.
Alla luce di ciò, credo che di fronte ad un bambino aggressivo dovremmo chiederci:
quante occasioni ha questo bambino di vivere situazioni di pace e appagamento tali da favorire in lui il rilascio di quelle sostanze chimiche fondamentali per la sua autoregolazione?
Quanto il suo ambiente familiare e scolastico contribuisce o meno a favorire questo processo?
Ci sono abbastanza occasioni in cui può sentirsi accolto e amato con tutte le sue emozioni, comprese quelle più difficili come la rabbia e lo sconforto, oppure no?
Il clima che vive è improntato allo stress, alla paura, alla solitudine, alla poca considerazione, alla rabbia dei grandi?
Il suo sistema nervoso si trova in un costante stato di allerta con conseguente costante produzione di ormoni dello stress quali cortisolo, noradrenalina, etc..?
Quando un adulto riesce a funzionare da buon regolatore emotivo per il bambino contribuisce in maniera decisiva al radicamento di tale funzione all’interno del piccolo e il sistema di regolazione dello stress rimarrà in lui per tutta la vita. In questo modo, ogni impulso rabbioso, potrà essere pensato anzichè impulsivamente agito, scaricato.
Ora prenderò in esame alcune delle situazioni che possono far nascere la rabbia nei bambini. In questo parte dell’articolo farò riferimento alle situazioni più frequenti e meno gravi, nella prossima parte mi occuperò di quelle più traumatiche e pesanti. Ogni paragrafo meriterebbe non un articolo a sé, ma almeno un libro; quindi, considera questi degli spunti e se senti la curiosità o la necessità di approfondire scrivi pure tra i commenti o contattami privatamente, avrò il piacere di indicarti qualche testo che possa fare al caso tuo.
Partiamo con una premessa:
La premessa che mi sento di fare è che dietro alla rabbia c’è quasi sempre una ferita, un dolore, e più è grande la rabbia e maggiore è il dolore che vi si cela al di sotto.
Detto questo, iniziamo a vedere quali possono essere alcune delle situazioni che possono potenzialmente imprigionare i bambini nella rabbia.
La rabbia può nascere da un bisogno profondo che rimane inascoltato
Iniziamo col provare a cambiare prospettiva e a considerare che quando un bambino attacca è lui stesso il primo a sentirsi attaccato dalle reazioni emotive, quindi anche corporee e chimiche, che avvengono nel suo corpo.
Un pianto nato dalla fame o dallo sconforto in un neonato o un “dove sei?! vieni qui!!” pronunciati con insofferenza e irritazione da un bambino più grande sono richieste d’aiuto che se non trovano una risposta soddisfacente lasciano i bambini in uno stato di elevata e insopportabile stimolazione; questo stato viene da loro percepito come vero e proprio dolore, emotivo e corporeo. Dalle ricerche sappiamo che sono proprio questi stati a condurre poi a frustrazione e conseguentemente alla rabbia esplosiva.
Il punto non è essere sempre e costantemente sintonizzati sui bisogni dei bambini in modo da prevederli magicamente e soddisfarli all’istante. Questo, oltre che impossibile, sarebbe perfino controproducente perché una certa dose di frustrazione è indispensabile alla crescita. Non si tratta di essere genitori o adulti di riferimento perfetti, ma come direbbe il grande pediatra e psicanalista britannico Winnicott, essere genitori sufficientemente buoni e fare in modo che queste esperienze stressanti non si ripetano troppe volte.
Se un bambino si trova a vivere troppo spesso situazioni emotivamente caotiche durante la prima infanzia non c’è da stupirsi che si trovi a non essere emotivamente equipaggiato per gestire il conflitto e il soddisfacimento dei propri bisogni in modo non aggressivo e più maturo.
La rabbia può nascere dal non sentirsi amato/riconosciuto
Se il bisogno fondamentale di amore e di considerazione positiva incondizionata del bambino non viene soddisfatto in modo sufficientemente continuativo è facile che col tempo il piccolo possa assumere, tra le varie possibilità, un’attitudine rabbiosa nei confronti degli altri e anche della vita stessa.
Facciamo un esempio: se un bambino vive una situazione in cui il suo bisogno di essere visto e apprezzato viene frustrato, magari a causa della nascita di un fratellino che assorbendo tutta l’attenzione di mamma e papà lo lascia privo di considerazione, potrebbe sentirsi messo da parte e avvertire l’impulso di fare male a loro tirandogli un calcio, oppure al nuovo arrivato facendogli un pizzicotto. Questa situazione non è inusuale, è in parte fisiologica, avviene spesso ed entro certi limiti non c’è nulla che non va; l’importante è che i genitori abbiamo la sensibilità di accorgersene e di parlarne convalidando e accogliendo tutte le emozioni che tale frustrazione ha generato nel figlio.
Ma quando il rapporto primario non è caratterizzato da accettazione incondizionata non c’è libertà per il piccolo di esprimere le proprie emozioni per la paura di non venire accettato e amato; in tale situazione il bambino non può permettersi di dirigere la propria rabbia verso il nuovo arrivato o verso i genitori nè con i gesti né con le parole perché lo sentirebbe troppo minaccioso. Come mai? Perché non sentendosi accettato ed amato incondizionatamente, nelle sue fantasie (spesso inconsce) sente che se si comportasse in quel modo verso di loro potrebbero rifiutarlo e abbandonarlo, il che per lui e per la sua parte inconscia significherebbe morire.
Già è in uno stato di sofferenza e frustrazione, se poi dovesse provare anche a ribellarsi sentirebbe che sarebbe come passare dalla padella alla brace. Purtroppo, talvolta questo corrisponde alla realtà: nel senso che tanti genitori, anziché mettere un limite con fermezza al comportamento aggressivo accogliendo e accettando però allo stesso tempo tutte le emozioni che hanno portato il figlio a mettere in atto tale comportamento, finiscono per giudicare il bambino nella sua interezza definendolo magari come cattivo e nel peggiore dei casi minacciandolo di non volergli più bene.
Frasi come “se fai così fai soffrire la mamma”, oppure “solo i bambini cattivi fanno così”, oppure “se fai cosi non ti voglio più bene” sono delle vere e proprie mine all’autostima del bambino e inoculano senso di colpa e vergona.
Tornando al nostro bambino che vorrebbe esprimere la sua rabbia verso il fratellino appena arrivato e verso i genitori per le poche attenzioni che gli vengono dedicate, ma che teme di farlo per la paura di essere abbandonato: come fa a risolvere questo conflitto interno? Una delle possibilità è: spostando tale conflitto all’esterno dal suo nucleo familiare. Quindi, per esempio, sui compagni di scuola, sulle maestre, sui coetanei che incontra al parco, sugli animaletti che cattura nei suoi giochi all’aperto…questo permette di scaricare la rabbia senza la minaccia data dalla possibilità di essere rifiutato da chi è per lui è di vitale importanza: i suoi genitori.
Se a lungo andare la situazione rimane immutata, ciò può poi tradursi in un’attitudine rabbiosa stabile nei confronti della vita. Forse tutti conosciamo almeno una persona che è sempre arrabbiata…
La rabbia può nascere dalla separazione e dalla perdita
Abbiamo detto che le relazioni significative, in cui ci sono scambi amorevoli, in cui ci si sente apprezzati e amati proprio per come siamo producono sensazioni di pace, armonia, benessere e appagamento. Abbiamo detto anche che questi stati emotivi hanno i loro specifici correlati chimici quali gli oppiacei e l’ossitocina.
Perciò, se una persona che amiamo molto e in grado di generare in noi tali vissuti di appagamento profondo ci abbandona, muore o per qualche ragione diviene per noi meno accessibile (magari per via di un momento difficile che sta vivendo come una depressione o per un trasferimento) come pensate che potremmo stare? Molti di noi con ogni probabilità lo hanno già sperimentato…
Il nostro dolore sarà molto molto grande e per di più la nostra sensazione potrà anche essere molto simile a quella di una vera e propria crisi di astinenza che a livello neurobiologico altera la qualità e i livelli dei neurotrasmettitori provocando, tra le altre cose, anche aggressività e irritabilità.
E se a tutto questo, che è condiviso da tutti noi, grandi e piccoli, ci aggiungiamo che a tale dolore psicologico e alla relativa crisi di astinenza a livello neurobiologico si aggiunge anche il fatto che è un bambino a dover vivere questo sconvolgimento… proprio quando è in fase di crescita, impegnato nella costruzione graduale della propria identità, del proprio senso di Sé, dell’idea di Sé e di Sé nel mondo, beh…il dolore può essere davvero immenso. A livello psicologico lo choc e la disperazione provocati dalla perdita di una persona importante possono essere vissuti dal bambino come una vera e propria aggressione violenta al proprio Sé, alla suo nucleo vitale più profondo.
Il bambino può percepire che tutto il suo mondo sia crollato in mille pezzi. Una persona che lui amava con tutto il suo cuore se n’è andata nonostante lui la amasse, lui si fidava di questa persona e credeva che sarebbe rimasta con lui per tutta la vita e invece ora non c’è più. I sentimenti di abbandono e di tradimento possono essere davvero fortissimi in una tale drammatica situazione e non è difficile immaginare come tutto questo dolore possa generare una grande rabbia che ha un bisogno pressante e vitale di trovare spazio ed espressione. In questi casi è buono incanalare questa rabbia attraverso tutti i canali funzionali per esprimerla come la narrazione, il disegno, il gioco, l’attività fisica…ma rispetto a questo sarà fondamentale come reagirà il mondo intorno a lui alla perdita, in particolare quanto spazio la famiglia potrà dedicarsi e dedicare al piccolo per l’elaborazione del dolore.
La rabbia può nascere dalle caratteristiche del legame di attaccamento
Detto in poche parole, l’attaccamento è il legame che si crea sulla base di un sistema motivazionale innato nella relazione primaria con la propria figura di riferimento (generalmente la madre) e può essere di tipo sicuro o insicuro. All’interno dell’attaccamento insicuro ci sono varie sottocategorie, varie declinazioni, con specifiche caratteristiche; una di queste è l’attaccamento insicuro/ambivalente.
Un legame di attaccamento ambivalente può suscitare molta rabbia, basti pensare che questo tipo di legame primario è caratterizzato dalla presenza intermittente del genitore: quindi, un genitore che è talvolta molto presente e altre volte molto assente, in un continuo ciclo (appunto ambivalente) di amore – rifiuto – amore – rifiuto.
Il bambino all’interno di questa ambivalenza sente di volere e allo stesso tempo di rifiutare la madre, e la stessa cosa accade in un certo senso nei confronti di se stesso: in conseguenza al comportamento materno, a volte si sente amabile e altre volte non degno d’amore, con tutta la confusione, la frustrazione e la rabbia che ciò comporta.
Inoltre, questo tipo di attaccamento favorisce la formazione di un imprinting relazionale interno disfunzionale che porta poi a ricercare caratteristiche analoghe di amore/rifiuto anche nelle relazioni successive, durante l’adolescenza e l’età adulta, con tutte le conseguenze emotive che ne derivano.
La rabbia può nascere dalle caratteristiche del clima familiare
Altra caratteristica capace di generare rabbia è il fatto che l’ambiente in cui vive il bambino sia esso stesso un ambiente rabbioso.
Un bambino che vive in una “zona di guerra“, oltre ad essere in un costante stato di allarme, impara presto che non è saggio essere aperti, affettuosi e teneri e può iniziare ad associare il suo bisogno di tenerezza al sentirsi vulnerabile, ansioso e sentire automaticamente che è meglio indossare una corazza di durezza per sopravvivere e difendersi, e che l’attacco è la migliore difesa.
Questo significa che la sua libertà di sentire le diverse emozioni si restringe molto e ogni cosa che avverte a livello emotivo viene tendenzialmente sentita e scaricata principalmente come rabbia o sconforto.
Tutto ciò può accadere anche per le emozioni positive, per esempio: uno stato di entusiasmo dato dalla gioia di vedere un amico può andare a generare un livello di eccitazione a livello corporeo elevato che può essere scaricato attraverso l’espressione emotiva che più è conosciuta e usuale, quella della rabbia. Quindi, anche se apparentemente assurdo e inspiegabile, un bambino potrebbe picchiare un amico che è felice di vedere! In questi casi può essere davvero molto difficile per tanti adulti cogliere i nessi e comprendere in profondità il comportamento aggressivo del bambino.